“Il marchio è strumento su cui costruire politiche di promozione”
MORTARA – La tutela del riso lombardo, e piemontese, attraverso l’introduzione di un marchio Igp e una
programmazione delle semine attraverso un portale web dedicato sono stati i temi di un confronto affollato sulle difficolta’ della risicoltura nostrana, a cui ha partecipato ieri sera a Mortara (Pv) l’assessore regionale all’Agricoltura Gianni Fava. La denominazione, secondo gli organizzatori della serata – Rice Up, Gruppo risicoltori pavese e milanesi -, e’ indispensabile per valorizzare il prodotto sui mercati internazionali come reale ‘made in’, garantendo qualita’, provenienza e legame del prodotto col territorio. Al dibattito sono intervenuti Piero Actis, presidente del movimento “Il dazio e’ tratto”, Andrea Desana, ideatore e coordinatore progetto Igp Riso della Valle del Po (2007), Anna Maria Callegarin, esperta nel campo delle certificazioni dei prodotti di qualita’ a denominazione protetta, e Paolo Ghisoni, mediatore e membro del gruppo “Rice Up”.
FAVOREVOLE, INIZIATIVA E’ DEI PRIVATI – Fava ha sgomberato il campo da ogni dubbio. “Io sono favorevole a questa iniziativa, – ha spiegato l’assessore lombardo -, elementi di criticita’ ci sono e vanno affrontati. La denominazione diventa uno strumento su cui costruire politiche di tutela e promozione, ma da sola non basta per produrre valore aggiunto”. “La progettualita’ e’ dei privati, – ha aggiunto Fava – e la Regione valuta, giudica un progetto, di cui vanno verificati i requisiti. Politicamente siamo a favore di questa iniziativa, pronti a fare la nostra parte: una volta che il progetto viene presentato, noi siamo pronti a valutarlo. Auspicando che le criticita’ precedenti vengano superate. Nessun problema per le risorse in Lombardia, mentre in Piemonte dovranno attendere il
2022 con la nuova programmazione”.
PROGETTO COINVOLGA TUTTA LA FILIERA – Fava ha auspicato che sia “il mondo dell’impresa a dotarsi di strumenti utili per intercettare il valore. Un prodotto vale per quanto uno e’ disposto a pagarlo, non tanto per il valore intrinseco del prodotto stesso”. “Una denominazione fine a se stessa non porta a vantaggi. Serve una filiera integrata, che al momento non c’e’. Se non c’e’ accordo serio tra produttore e trasformatore, il risultato non e’ scontato: se l’industria non ha interesse a commercializzare il prodotto, questo resta li’, non basta la denominazione. Tutta la filiera deve condividere il progetto, senza pretese di supremazie interne. Regione punta a che il progetto venga licenziato in tempi ragionevoli, visto che nell’iter approvativo anche Mipaaf e l’Europa devono fare la loro parte”. Il progetto, dunque, “va sostenuto – ha specificato Fava -, e’ un’idea buona come partenza. Serve, pero’, che il mondo risicolo nel suo complesso, con quello pavese in testa, dia vita a un patto serio tra i protagonisti della filiera. Noi siamo pronti a dare una risposta concreta, per portarlo a casa in tempi certi, per il bene del comparto”.
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